IMMIGRAZIONE
ANNAMARIA RIVERA*
N on è esagerato dire che l’attuale campagna xenofoba ha la struttura simbolica del pogrom. Come nei pogrom, all’origine ci sono “voci” e leggende che si diffondono a macchia d’olio diventando verità inoppugnabili: l’insicurezza urbana, la criminalità diffusa sono imputabili agli immigrati e soprattutto agli albanesi, immigrati cattivi per eccellenza; i profughi in fuga da guerre, massacri, persecuzioni sono torme di pericolosi clandestini .
La diceria rimbalza da un mezzo d’informazione all’altro e viene cinicamente gonfiata, razionalizzata e sfruttata da quegli imprenditori politici del razzismo che hanno bisogno di ravvivare un consenso e un’immagine pubblica decisamente appannati.
Grazie al martellamento dei media, la diceria si fa senso comune, diffuso anche in ambienti popolari. La campagna ottiene così i suoi effetti di “mobilitazione”: certo, non abbiamo le folle inferocite che vanno al linciaggio del capro espiatorio, ma “solo” cortei fascisti e razzisti, ronde per la pulizia etnica, retate della polizia in alloggi di fortuna, campi nomadi, baracche di profughi, là dove si palesa la vergogna di una società e di governi che, in più di vent’anni di immigrazione, sono stati incapaci di garantire il minimo della dignità umana.
La paranoia collettiva, sommatoria di solitudini individuali consumate dinanzi a televisori sempre accesi, è ormai tale che, se con uno che non ha mai incontrato un immigrato ti scappa la parola “criminalità”, immediatamente ti risponde “albanese”.La povertà di legami e garanzie sociali, l’incertezza del presente e del futuro (ma anche la dissoluzione territoriale della sinistra) alimentano quel razzismo “dei piccoli bianchi” analizzato già un secolo e mezzo fa: chi si sente socialmente minacciato proietta la frustrazione, la minaccia, la paura su chi è appena un gradino più in basso nella gerarchia sociale.
Che uno dei bersagli politici di questa campagna xenofoba, stavolta davvero costruita a tavolino, sia la legge 40 è fuor di dubbio: pur così limitata, è troppo avanzata per gli umori razzistici di una destra tanto “moderna” da somigliare, in Europa, solo a Le Pen. Altrettanto evidente è il tentativo di indurre il governo ad accentuare il versante repressivo, i respingimenti e le espulsioni. Ed è palese, infine, il disegno della destra di andare alle elezioni europee nelle vesti di paladina dell’ordine, della legalità e della società “monoetnica”.
E’ davvero un clima gravido di minacce, anche perché ripropone quell’anomalia italiana che sta diventando permanente: a fianco degli immigrati non ci sono comuni cittadini che fanno disobbedienza civile contro i rimpatri forzati, né alcuno schieramento di intellettuali, artisti, giornalisti attivamente impegnati a contrastare, anche attraverso i mezzi di informazione, le campagne xenofobe, come accade in Francia e in Belgio.
Per questo il coraggioso, benché ancora fragile, movimento antirazzista nato dall’incontro fra le associazioni e i centri sociali è un bene prezioso.
Ed è decisivo che torni in piazza non solo per contrastare la campagna martellante della destra e dei media, ma anche per riproporre la chiusura dei lager per migranti, un’ampia sanatoria slegata dai flussi programmati, l’allargamento del diritto d’asilo, la pienezza dei diritti di cittadinanza, fra cui il diritto di voto.E per impedire che le composite e pavide forze di maggioranza siano tentate di rispondere all’offensiva razzista della destra rimangiandosi quei pochi diritti riconosciuti ai cittadini stranieri.
*Rete Antirazzista
Fonte: https://archiviopubblico.ilmanifesto.it/Articolo/1999001182