Nessuno li vede

Provate a immaginare d’essere un giovane di nazionalità ivoriana che, sfidando la morte, è approdato fortunosamente in Italia per sfuggire agli orrori della guerra civile e all’assenza di futuro. Immaginate di aver ricevuto un ordine di espulsione e l’ingiunzione a presentarvi agli uffici della polizia di frontiera per «l’attuazione del provvedimento». Immaginate il senso di umiliazione e d’impotenza assolute, il panico e l’angoscia per il destino imminente: essere rimpatriato in un paese che, sebbene uscito dalla guerra civile decennale, è tuttora traumatizzato e percorso da miliziani di varie fazioni che terrorizzano la popolazione.

A questo punto provate a figurarvi come reagireste. Non è del tutto improbabile che vi verrebbe in mente un atto di protesta plateale, di portata pari all’ingiustizia, umiliazione, impotenza che vi vengono inflitte. E cosa c’è di più facile e plateale del suicidio per fuoco? Morire per morire, pensereste, meglio andarsene ribellandosi contro l’ingiustizia e gridando al mondo la vostra disperazione.

Stiamo parlando, l’avrete capito, del giovane ivoriano «di 18 o 19 anni» che si è dato fuoco nell’aeroporto di Fiumicino e che fino al momento in cui scriviamo è in ospedale in condizioni disperate. Parliamo di una breve di cronaca: poche righe approssimative, qualunque sia la fonte mainstream, prive di ogni pietas, in cui l’elemento più di rilievo sono «i momenti di paura dei passeggeri». A questo non aveva pensato, il giovane ivoriano: non si era soffermato a riflettere, il disgraziato, che il suo «folle gesto» avrebbe impaurito i passeggeri. Lo ha invece pensato, lui, come un atto sovversivo di sottrazione del proprio corpo alla violenza del sistema: non gli era stato necessario leggere Baudrillard per concepire, sia pur confusamente, che «il gioco della morte smaschera la funzione di morte del sistema».

Ed è stato ingenuo, perfino fiducioso nel prossimo, a supporre che non vi sia nulla di più potente di una torcia umana per rivoltarsi, attirare l’attenzione, scuotere le coscienze. Non aveva previsto che per le cronache non sarebbe stato lui il protagonista dell’episodio, bensì coloro che lo hanno soccorso, un poliziotto e una funzionaria: i due veri «eroi», li definisce Il Messaggero. Chissà se il gesto autodistruttivo del giovane ivoriano aprirà qualche minuscola breccia nella «razionalità» del sistema. Chissà se produrrà un sia pur lieve turbamento nella politica, tutta impegnata in una competizione elettorale feroce quanto mediocre. Chissà se il «folle gesto» riceverà qualche commento, almeno fra i capilista delle formazioni di centrosinistra e di sinistra. Così avare, nei loro programmi, a concedere qualcosa alle diaspore, che pure sono parte costitutiva di questo paese, quantunque provinciale: nel caso migliore, quello di Rivoluzione civile, poche righe essenziali -ma in un paragrafo dedicato alla laicità e le libertà -, sull’abrogazione della Bossi-Fini, la chiusura dei Cie, una «nuova legislazione in materia di immigrazione», nonché «una legge per il diritto d’asilo e cittadinanza ai nati in Italia». Obiettivi del tutto condivisibili, ma stringati, isolati, privi di contesto: non v’è uno straccio di analisi a proposito della centralità della battaglia contro il razzismo e del tema dei diritti dei migranti e dei rifugiati; nessuna esplicitazione del loro valore strategico se si vuole incrinare la cultura berlusconiana che impregna buona parte del paese. Ancor più succinto il programma di Sel, anch’esso ridotto a pochi obiettivi, inseriti in un paragrafo dedicato all’Europa: «pienezza dei diritti civili, sociali e politici, con regole certe, per le donne e gli uomini che vengono dal mondo dell’immigrazione», «diritto di cittadinanza di nascita», «ampliamento del diritto d’asilo» e «riconoscimento del diritto di voto ai migranti residenti».

Un consiglio ai nostri candidati: si distraggano un attimo dalla campagna elettorale; indaghino, soprattutto i giuristi che inzeppano le liste elettorali, sulla legittimità dell’espulsione del giovane ivoriano; si adoperino perché, nel caso sopravviva come gli auguriamo con tutto il cuore, gli sia concesso un titolo di soggiorno. Se ne gioverebbero anche sul piano elettorale: non è esiguo il numero delle persone antirazziste incerte se andare a votare.

 

Fonte: https://archiviopubblico.ilmanifesto.it/Articolo/2003212673