Un paese che ha decretato, attraverso leggi e pratiche sociali, che migranti, rom e omosessuali sono, di diritto e di fatto, fuori del consesso civile è un paese che si è posto fuori del consesso dei paesi civili, nonché degli standard e delle convenzioni internazionali. Un paese in cui, senza discriminazione alcuna, ogni giorno si sprangano «stranieri» come gay, senza che si manifesti una reazione proporzionata alla gravità dell’escalation è un paese sull’orlo dell’abisso.
Un paese in cui governo, istituzioni, mezzi d’informazione concorrono a formare un’opinione pubblica intollerante e forcaiola, a incoraggiare, legittimare, banalizzare aggressioni razziste …
… contro chi sia percepito e bollato come estraneo o diverso, è un paese in cui si è già instaurata una forma, per quanto “postmoderna”, di fascismo. Entro e grazie alla quale, attraverso leggi segregazioniste come il pacchetto-sicurezza, si rafforza un sistema neo-castale che separa cittadini e meteci: forza-lavoro bruta, priva di diritti o con diritti differenziati, resa docile dal ricatto del razzismo e della repressione, dell’internamento e dell’espulsione.
Di fronte a questa mutazione, avvenuta per tappe progressive e con la complicità, attiva o implicita, dello schieramento “democratico” e di alcuni degli opinion leader che oggi gridano all’emergenza-razzismo (ricordate le campagne contro i lavavetri e altri agenti del «degrado urbano»?), una sinistra degna di questo nome dovrebbe interrogarsi sulle proprie responsabilità. Farebbe bene a chiedersi se non abbia contribuito, sia pure «solo» per inettitudine o subalternità, a porre una pietra tombale su ogni tentativo di opporre le ragioni della cittadinanza, dell’uguaglianza, dell’inclusione sociale a quelle della segregazione, della criminalizzazione, della persecuzione dei migranti e delle minoranze.
Per farsi un’idea sintetica di quanto radicale e profonda sia la mutazione, basta fare un modesto raffronto. Vent’anni fa l’assassinio di Jerry E. Masslo per mano di camorristi fu condannato pubblicamente e solennemente dai massimi rappresentanti del governo e delle istituzioni. Niente del genere è accaduto l’anno scorso allorché, sempre nel casertano, sei lavoratori africani furono trucidati in un agguato camorristico. Addirittura, subito dopo la strage, il ministro degli interni ebbe la spudoratezza di annunciare la costruzione di dieci nuovi lager per migranti e limitazioni drastiche al ricongiungimento familiare. E la manifestazione spontanea di lavoratori immigrati che seguì all’eccidio fu violentemente repressa dalla polizia.
Chi, come colei che scrive, ha dedicato l’impegno intellettuale e politico degli ultimi vent’anni a tentare di contrastare questa deriva potrebbe concludere con le parole di Massimo Fusillo a commento della sepoltura della legge contro l’omofobia: «Sale spontaneo un pericoloso senso dell’inutilità del fare». E’ anche per questo che la manifestazione nazionale di sabato prossimo assume valore e senso strategici: contrastare il sentimento dell’inanità di ogni impegno politico controcorrente, spezzare la subalternità culturale, portare in piazza le ragioni limpide e nette dell’antirazzismo.
Fonte: https://archiviopubblico.ilmanifesto.it/Articolo/2003154886