Trieste: non vogliamo lager per esuli

L’OPINIONE

di ANNAMARIA RIVERA *

N on credo possiamo accontentarci del lodevole intento della on. Russo Jervolino di avviare un’inchiesta sui fatti di Trieste e- chissà- di chiudere quel centro di custodia in quanto inidoneo; nè, pur col massimo rispetto per i protagonisti, appagarci dell’inedito coup de théatre costituito dall’incontro fra la ministra degli interni e il portavoce dei centri sociali. Certo, nessuno di noi avrebbe scommesso un soldo sul fatto che, collocati nella stessa data dell'”oceanica” adunata del Polo, i nostri fastidiosi sit-in e cortei sarebbero riusciti a “bucare” l’informazione e a interessare un ministro. Dunque, qualcuno dirà, è tutto grasso che cola. Ma a noi stessi va rivendicato il merito e il senso di quella giornata, nata da una felice convergenza d’intenti fra centri sociali, radio di movimento, Rete antirazzista, Ya basta, altre associazioni e singole personalità democratiche; e intesa come tappa per la ripresa dell’iniziativa sull’intera questione immigrazione. Il lager triestino è indecente, certo: ma indecente e incostituzionale è che si privi della libertà chi ha commesso solo una infrazione amministrativa per essere entrato in Italia o permanervi non regolarmente. Quando questo o quel ministro fa appello alle associazioni perché contribuiscano a “umanizzare” i centri di detenzione, mostra di non aver compreso qual’è la questione; i lager per esuli e migranti non li vogliamo neanche se puliti e “umani”, perché sono la negazione dell’Europa dei diritti, del pluralismo, dell’accoglienza. E quando questo o quel ministro ripropone la retorica della “severità verso i clandestini, politiche d’integrazione per i regolari” fa finta d’ignorare che la colpevolizzazione del Clandestino (se fosse possibile, ogni “clandestino” vorrebbe entrare da regolare) è funzionale alla perpetuazione degli immigrati tutti come possibili capri espiatori e come soggetti dai diritti dimezzati e precari. Ci compiaciamo che dei ministri rilancino gli obiettivi massimalisti del diritto di voto e della riforma della cittadinanza popolare della Rete antirazzista. Ma, detto che essi non esigono, come invece si ventila, alcuna riforma costituzionale, va aggiunto che hanno senso se connessi alla regolarizzazione di tutti gli immigrati presenti in Italia e alla creazione di canali d’ingresso legale certi e praticabili. Su questi obiettivi converrebbe confrontarsi presto, magari in un’assemblea a Roma, per progettare insieme una mobilitazione più generale.

* Rete Antirazzista

 

Fonte: https://archiviopubblico.ilmanifesto.it/Articolo/1998017496